Addio a Franco Fayenz, scomparso poco prima di compiere 92 anni a Milano, dove viveva da tanto tempo, senza per questo aver perso l’abitudine alla battuta salace in dialetto padovano. Al ricordo del critico perspicace, del giornalista brillante, dell’autore di volumi su cui si sono formate generazioni di appassionati, dell’ascoltatore esperto e fino all’ultimo curioso delle novità musicali, noi possiamo, anzi dobbiamo aggiungerne un altro, per noi particolarmente importante: quello del padre fondatore.
Franco era di Padova e a Padova aveva studiato (giurisprudenza). Appassionato di jazz fin da giovanissimo, era entrato a far parte del Centro d’Arte da studente, in una stagione d’oro, quella degli anni Cinquanta, dove nella nostra associazione militavano personaggi del calibro di Gastone Belotti e Quirino Principe. Il Centro d’Arte, che operava come una tradizionale società di concerti ma era anche nato nel segno della ricerca, non fece fatica a raccogliere le sollecitazioni e gli entusiasmi di Franco verso un’apertura al jazz che si concretizzò nelle presenze di Sidney Bechet, di Chet Baker, del Modern Jazz Quartet, di Jimmy Giuffre e di Gerry Mulligan e di tutti i migliori jazzisti italiani del momento. Il jazz si stabilizzò così come presenza costante grazie all’interessamento e ai suggerimenti che Franco, ormai trasferitosi a Milano, non fece mai mancare.
Fu lui a organizzare il concerto in solo di Lennie Tristano alla Sala dei Giganti nel 1965, un’occasione a cui si sentiva legatissimo. E quando negli anni Settanta una nuova leva di collaboratori come Ugo Fadini e Roberto Di Pietro volle rendere ancora più caratterizzante la presenza del jazz a Padova con una rassegna dedicata, fu naturale che si rivolgessero a lui.
Le primissime rassegne di questo nuovo corso, nel 1973-74, portano chiara l’impostazione di Franco, che allora veniva scoprendo e organizzando, in parallelo a Giorgio Gaslini, la nuova leva del jazz italiano con Guido Mazzon, Patrizia Scascitelli, Andrea Centazzo, Gaetano Liguori, ma anche le esperienze di proto-fusion come Perigeo, tenendo ad affiancarle tanto a episodi dell’avanguardia come Ornette Coleman e Cecil Taylor quanto a esperienze storiche tutt’altro che consumate come quella di Earl Hines.
Se tutti questi nomi sono transitati in quegli anni per le stagioni del Centro d’Arte lo si deve a Franco Fayenz, la cui azione è, in definitiva, all’origine di quanto ancora stiamo facendo.