Basta ascoltare il suo assolo marziano in Too Marvelous for Words, con il quartetto di Gerry Mulligan (1953), per capire il suo understatement.
Lee Konitz è l’emblema dell’“arte per l’arte” nel jazz, non c’è alcun progetto nella sua musica se non quello di improvvisare, ai massimi livelli, in qualsiasi situazione data.
Certo che quando comparve, nell’orchestra di Claude Thornhill, fu subito chiaro che Konitz era il primo sassofonista giovane a non suonare come Charlie Parker, a trovare cioè una nuova via dell’espressione solistica, indicata poi come cool, un’etichetta che non gli dispiaceva. Dopo aver assorbito come una spugna le indicazioni di Lennie Tristano e Gil Evans, Konitz ha giocato da battitore libero una partita durata fino ai 92 anni, amato sia dai suoi sodali e coetanei, ma anche da Ornette Coleman e Anthony Braxton.
La sua integrità gli ha permesso di collaborare con centinaia di musicisti e di scoprire nuovi talenti.
Per il Centro d’Arte, ricordiamo un suo magico duo con Gil Evans, e proponiamo oggi questo super trio, con gli amici Steve Swallow e Paul Motian. Essenza di cervelli al lavoro.
Buon ascolto!
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From the Archive #20
Lee Konitz – Steve Swallow – Paul Motian
11 maggio 1998 – Teatro Antonianum, Padova
Lee Konitz – sax contralto
Steve Swallow – basso elettrico
Paul Motian – batteria