Nel 1933 Marinetti e Masnata pubblicarono il manifesto della nuova arte sonora e radiofonica, denominata Radia. Elencarono in diversi punti le stupefacenti caratteristiche di questa arte che verrà, tra cui: la “Captazione amplificazione e trasfigurazione di vibrazioni emesse dalla materia. Come oggi ascoltiamo il canto del bosco e del mare domani saremo sedotti dalle vibrazioni di un diamante o di un fiore”, oppure “Utilizzazione dei rumori dei suoni degli accordi armonie simultaneità musicali o rumoristi dei silenzi tutti con le loro gradazioni […] che diventeranno degli strani pennelli per dipingere delimitare e colorare l’infinito buio della radia dando cubicità rotondità sferica in fondo geometria”, fino a “Immensificazione dello spazio Non più visibile né incorniciabile la scena diventa universale e cosmica”. Come spesso accadeva tra i futuristi, la loro istintiva e selvaggia creatività superava di gran lunga i mezzi tecnici disponibili all’epoca e la loro stessa capacità di realizzazione di ciò che immaginavano nei loro manifesti. Il contributo futurista all’arte radiofonica fu, nella pratica, piuttosto modesto.
Un paio di decenni più tardi, però, il progresso tecnologico e nuove correnti artistiche portarono alla nascita di innumerevoli forme di arte sonora, nelle quali si possono rintracciare quegli aspetti di lavoro artigianale sul suono e nel suono, quasi pittorico o scultoreo, e di creazione di spazi sonori che i futuristi avevano profetizzato. Tra queste forme d’arte spicca soprattutto la musica acusmatica, la musica per altoparlanti, in cui non ci sono musicisti che suonano dal vivo, ma solo tracce sonore fissate su un supporto (nastro magnetico, vinile, file audio digitale) e diffuse nella sala da concerto, spesso con sistemi audio multicanale. Il termine si deve al compositore Pierre Schaeffer, che trae ispirazione dalla scuola Pitagorica in cui il maestro insegnava nascosto da dietro a un velo, in modo che i discepoli (gli akousmatikoi) potessero solo sentirne la voce, eliminando ogni percezione visiva dell’origine della voce.
Invece di farci scoraggiare da una sala buia, e da suoni misteriosi che vorticosamente si muovono intorno a noi, concentriamoci sull’unica cosa che possiamo fare: ascoltare. È la stessa cosa che fanno i compositori, mentre creano la musica. Con un ascolto concentrato e aperto ci renderemo conto che quella che sembra una musica estremamente progettuale, razionale e tecnicistica, nasce invece da una continua ispirazione spontanea, immediata, in cui il compositore è più di ogni cosa un appassionato esploratore che si addentra nelle profondità più interne del suono stesso, estraendone dei materiali da trasformare, elaborare, ricomporre in modi nuovi e impensabili.
La musica acusmatica annulla lo spazio del palcoscenico, ma ne crea innumerevoli altri, alcuni fisici, alcuni illusori, alcuni immaginari, alcuni simulati.
È musica fatta di gesti, di movimenti e di ambienti che scopriamo solo con l’ascolto. Come dice il compositore Trevor Wishart:
Nell’ascolto…veniamo lasciati alla deriva in un mondo interamente aurale…i suoni possono assumere nuovamente parte del potere “magico” che devono avere avuto per i popoli pre-alfabetizzati. Se ce lo permettiamo, possiamo rientrare nello stadio della percezione in cui i Miti hanno il loro potere, dove l’ambiente è vibrante di suoni significativi.
(Matteo Polato)
Questo articolo introduce Radia Sampler, la prima serata della rassegna RADIA – Aperitivi Acusmatici, in programma da giugno a dicembre 2018 all’Auditorium Pollini di Padova.