A poco più di un mese dalla conclusione della stagione 2018, il Centro d’Arte torna a proporre la sua rassegna di musiche nuove e nuovissime, un cartellone sempre ricco di occasioni di scoperta per orecchie curiose e irrequiete. La proposta del Centro d’Arte parte da una concezione unica, che da sempre si sottrae alla logica della semplice distribuzione, ma è piuttosto un invito rivolto al pubblico a partecipare e condividere la ricerca che i curatori conducono insieme agli artisti. Musiche diverse, che sfidano generi ed etichette, vengono proposte in nove serate – ma altre ne seguiranno dopo la pausa estiva – a illustrare i molteplici linguaggi della contemporaneità, dal jazz alla composizione, dall’improvvisazione alla ricerca elettroacustica.
Radicato in una storia che si intreccia fin dalle sue origini a quella dell’Università, ma anche della vita musicale di una Padova sempre aperta sulle più vivaci esperienze internazionali, il Centro d’Arte propone sempre progetti originali, intrecciando collaborazioni dentro e fuori la città, con festival e rassegne affini e strutture di produzione attrezzate come SaMPL: il laboratorio di eccellenza del Conservatorio per il trattamento e la diffusione del suono che trasforma l’Auditorium cittadino in una formidabile macchina del suono per esperienze d’ascolto immersive. Questo è specialmente il caso della rassegna di ‘aperitivi acusmatici’ RADIA, che corre parallela ai concerti e offre rari ascolti in una dimensione conviviale.
Nel 2019 il Centro d’Arte muoverà dalla splendida Sala dei Giganti all’atmosfera raccolta del Torresino e all’Auditorium Pollini un pubblico sempre più curioso e consapevole, che sta crescendo in misura incoraggiante, anche grazie a una politica volta a favorire la massima accessibilità, specie ai giovani.
Centrodarte19 si apre l’1 febbraio nella storica cornice, come è ormai tradizione, della Sala dei Giganti, dove il Centro d’Arte è di casa da sempre. In scena gli Heroic Enthusiasts, due artisti ben noti al pubblico di Padova, ovvero il pianista Craig Taborn e il percussionista Dave King (già col trio Bad Plus). Un duo inedito, al suo debutto in Italia proprio al Centro d’Arte, le cui trame si possono soltanto immaginare alla luce delle dense biografie di entrambi, e che sull’idioma jazz innestano visioni sonore di molti e diversi mondi.
La settimana successiva, il 7 febbraio il Torresino ospita il quartetto di Gabriele Mitelli, che coinvolge tre dei migliori musicisti inglesi, Alexander Hawkins (pianoforte), John Edwards (contrabbasso) e Mark Sanders (batteria). A trent’anni, Mitelli si è già guadagnato un posto di primo piano nel panorama del jazz italiano, intraprendendo un percorso atipico, che lo ha portato a confrontarsi da subito con i musicisti più avventurosi in circolazione, per approdare poi a importanti collaborazioni internazionali con artisti del calibro di Rob Mazurek e Ken Vandermark, solo per citarne un paio.
L’1 marzo sempre al Torresino la serata si sdoppia con le formazioni in duo rispettivamente di John Butcher con Riccardo La Foresta e di Enrico Malatesta con Giovanni Lami.
Butcher, sassofoni, e La Foresta, percussioni, rappresentano due diverse generazioni di improvvisatori, e sono accomunati dal background jazzistico e dalla forte propensione alla sperimentazione tecnica e alla ricerca teorica sui propri strumenti. Butcher è protagonista della scena britannica da più di vent’anni, e il suo stile al sassofono ha ormai fatto scuola. La Foresta è un giovane musicista italiano che in pochi anni è riuscito a sviluppare un linguaggio originalissimo, modellato su una strumentazione percussiva ‘allargata’ da lui stesso inventata.
Malatesta e Lami appartengono a una leva di artisti del suono che si muovono alla scoperta dei materiali e delle loro virtualità, siano percussioni tradizionali oppure oggetti riciclati, oppure ancora elementi della catena elettroacustica, come il nastro magnetico. La loro improvvisazione è veramente una composizione istantanea che scaturisce dagli oggetti suonati.
I Fictive Five che suonano al Torresino il 14 marzo sono il quintetto newyorkese del californiano Larry Ochs, che consapevolmente si rifà alla lezione dell’ultimo Coltrane, e ai New York Contemporary Five di Archie Shepp e Don Cherry, dimostrando ancora una volta quanto fruttuoso può essere il dialogo con la tradizione che è tipico del jazz. Il quintetto ospita solisti-compositori di primo piano come Nate Wooley e Harris Eisenstadt, ben noti al pubblico padovano, come del resto lo stesso Ochs, che debuttò in Italia insieme al ROVA Saxophone Quartet proprio a Padova, quarant’anni fa.
Ed è un vero ‘supergroup’ quello riunito dal violoncellista Erik Friedlander che si esibisce nell’appropriata cornice della Sala dei Giganti il 29 marzo. Il progetto Throw a Glass è sicuramente, tra i suoi molteplici progetti, quello più marcatamente jazz e propone un album di composizioni assai ispirato, illuminato dal contributo straordinario di tre solisti di pregio quali Uri Caine, Mark Helias e Ches Smith.
L’idea di fondo rielabora una riflessione sul ruolo dell’assenzio nella vita di molti artisti di inizio 900 e nasce da una mostra allestita al MOMA di New York attorno a sei sculture di Pablo Picasso, sei bicchieri di assenzio, per l’appunto. Le musiche nate da questo stimolo visuale descrivono un articolato spettro di sensazioni, volando da pagine jazzistiche multitematiche ad oasi meditative e solenni, da distese elegie liriche a tumultuose rincorse di stampo balcanico e klezmer.
L’ultima parte di rassegna, prima della pausa estiva, si apre il 2 maggio al Torresino con un’altra autentica leggenda del free jazz, il sassofonista Joe McPhee, che festeggia l’ottantesimo compleanno con un nuovo tour in compagnia del batterista Paal Nilssen-Love, punta di diamante della scena creativa norvegese. Lo stile di McPhee, sempre sospeso tra la potenza del free e la carica emozionale del blues, trova un perfetto complemento nel drumming imprevedibile di Nilssen-Love, pronto a passare in un attimo da feroci esplosioni poliritmiche a gioiose figurazioni ispirate alla musica brasiliana. Sul palco l’intesa è tangibile, con un fitto scambio di idee e continui stimoli a cercare nuove strade, in una esplorazione a tutto tondo delle possibilità timbriche degli strumenti, per poi consolidarsi in passaggi ritmici e melodici di straordinaria efficacia.
Si ritorna alla Sala dei Giganti il 24 maggio con i due pianoforti di Myra Melford e Satoko Fujii. L’incontro artistico tra le due musiciste risale a oltre un decennio fa ma le intense carriere di entrambe non permettono loro di esibirsi di frequente insieme dal vivo. È dunque una rara e preziosa possibilità questa di poterle ascoltare in un dialogo, un’avventura musicale che certo beneficerà della speciale acustica dei Giganti.
Fujii e Melford affinano nel duo le loro più disparate influenze, cercando una sintesi che i due pianoforti possano valorizzare senza enfasi, evitando il protagonismo virtuoso. Dunque si incontrano due sensibilità che hanno indagato la musica tradizionale giapponese e indiana, il jazz informale e l’improvvisazione senza rete, il blues e le avanguardie della composizione.
Infine, nel sistema di diffusione multicanale dell’Auditorium Pollini, il 31 maggio, torna la musica di Karlheinz Stockhausen. È un vero e proprio spettacolo la serata che chiude la prima parte della rassegna, con la presenza di solisti che oltre alle loro qualità offrono la massima possibile aderenza alle istruzioni e allo spirito di uno dei grandi maestri del secolo scorso. In Kathinkas Gesang il personaggio felino di Kathinka dialoga attraverso il suo flauto, ma anche con la voce e i gesti, con i suoni di una traccia elettronica diffusa su sei canali. Lo propone per la prima volta una giovane e promettentissima virtuosa, Laura Faoro, che ha preparato tutti gli aspetti musicali e teatrali insieme a Kathinka Pasveer, dedicataria e prima interprete del brano.
La serata si completa con Spiral, che prende il volo a partire dai suoni evocativi dei segnali radio a onde corte per sviluppare un’invenzione di carattere improvvisativo. La versione di Padova è stata appositamente realizzata per tastiera ed elettronica dal vivo da Massimiliano Viel, compositore e tastierista che è stato a sua volta uno dei pochi esecutori di fiducia di Stockhausen.
Si intreccia e dialoga con il programma dei concerti la serie degli aperitivi acusmatici RADIA, inaugurata con grande successo lo scorso anno. Frutto della collaborazione con il laboratorio SaMPL del Conservatorio, si tratta di audizioni di un vasto e variegato repertorio di arte sonora elettroacustica, radiofonica, fonografica offerto a un ascolto surround di altissima qualità in condizioni confortevoli. Gli ascolti sono raggruppati per idee tematiche variamente evocative, si svolgono nel tardo pomeriggio e sono seguite da un momento di convivialità. RADIA propone anche, ogni anno, un concorso per opere originali che nel 2018 ha raccolto un numero sorprendente di adesioni. RADIA offrirà in Auditorium sette appuntamenti strutturati nel corso dell’anno, ma si espanderà anche in momenti e luoghi a sorpresa, in dialogo con realtà emergenti della scena padovana.
Come sempre, i concerti e le attività del Centro d’Arte sono accessibili a tutti, in virtù di una politica di prezzi promozionale, resa possibile dai numerosi soggetti pubblici che sostengono questa realtà unica in Italia, in primis l’Università di Padova, poi il MIBAC e il Comune di Padova – Assessorato alla Cultura.
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Una prima versione di questo comunicato comprendeva il concerto di Charles Gayle programmato per il 12 aprile, in seguito annullato per ragioni indipendenti dalla volontà del Centro d’Arte.