Alberto Collodel
clarinetto basso
Laura Faoro
flauto
Zoe Pia
clarinetto
Filippo Vignato
trombone
Agnese Amico
violino
Enrico Milani
violoncello
Marco Centasso
contrabbasso
Alessio Ghezzi
vibrafono
Giovanni Mancuso
direzione, pianoforte
Julius Eastman (1940-1990)
Femenine (1974)
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Il Centro d’Arte porta per la prima volta a Padova la musica di Julius Eastman, seminale compositore afroamericano solo recentemente riscoperto, in una produzione originale del brano Femenine (1974), con un ensemble di musiciste e musicisti creato per l’occasione e diretto da Giovanni Mancuso.
Tracciare la vita e la carriera di Eastman è un’impresa rocambolesca, tra apparenti continui cambi di direzione, informazioni frammentarie, e vicende tra il fatto e la leggenda. Nasce nel 1940, inizia a suonare il pianoforte a quattordici anni ed è un prodigio. Come compositore è attivo dalla fine degli anni sessanta, scrivendo in un minimalismo innovativo e fuori dagli schemi, spesso per organici liberi o inusuali. Nel ’73 è il cantante virtuoso della prima registrazione del celeberrimo Eight Songs for a Mad King di Peter Maxwell Davies. Come esecutore viene diretto, tra gli altri, da Pierre Boulez e Zubin Metha. Performa per Meredith Monk. Suona il piano in un esemble jazz e musica contemporanea col S.E.M. Ensemble. Nei primi anni ‘70 insegna composizione all’Università di Buffalo, ma se ne allontana presto: il burocratico e inquadrato mondo accademico non ha spazio per la sua personalità e la sua arte. Negli anni ‘80 è tra gli agitatori della scena avant Newyorkese attorno al the Kitchen, con le sue composizioni e come performer (per Arthur Russell, tra gli altri).
Nonostante questa vibrante carriera, però, la lenta discesa nell’oblio: si parla di gravi problemi di droga e di un periodo passato come senza tetto a New York, molte partiture vengono perse e altre sequestrate dopo uno sfratto. Muore nel 1990 a soli 49 anni, povero e solo. Scompare fondamentalmente dalla storia della musica del 900, una storia che tende a dimenticare con estrema facilità un compositore nero ed omosessuale. Bisogna aspettare fino a metà anni duemila perché il suo nome ricominci ad emergere, grazie all’opera di ricerca di compositori e musicologi come Mary Jane Leach o Luciano Chessa. Oggi, finalmente, sta ritornando ad essere eseguito, registrato e studiato.
Il Centro d’Arte vuole contribuire a diffondere la musica di Eastman e portarla alla notorietà e al riconoscimento che le spetta. L’Eastman compositore è provocatorio, innovativo, viscerale, vitale. I suoi brani, spesso molto lunghi, fondono minimalismo ritmico, forme aperte, musica aleatoria e improvvisazione quasi jazzistica. Femenine, del 1974, è uno degli esempi più formidabili. È un lungo rituale ipnotico ed estatico, nello stile che Eastman stesso aveva definito “organic music”: composizioni che lasciano ampia libertà agli esecutori, fatte di lente trasformazioni che, a partire da una pulsazione ritmica continua, si sviluppano in graduali processi di accumulo fino poi a frammentarsi in lunghe fasi di disgregazione. L’ensemble segue una partitura aperta, fatta di pattern melodici che si incastrano in modi sempre nuovi nelle diverse sezioni, dando ampia possibilità di scelta ai musicisti, ma il tutto trascinato da una pulsazione ritmica continua e vibrante. Dice Eastman del brano: “La fine suona come angeli che aprono le porte del paradiso… Dovremmo forse dire euforia?”
(Matteo Polato)
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In collaborazione con Università degli Studi di Padova nell’ambito di Opera Libera, progetto speciale per le celebrazioni dell’ottavo centenario dell’Università di Padova
In collaborazione con SaMPL, Conservatorio “C.Pollini” Padova