EERIE RADIA
Pietro Bonanno
Over the Horizon
Marie-Jeanne Wyckmans
Voyage-Mirages
Panayiotis Kokoras
Qualia
Chloé Despax
Ardesia
Kazuya Ishigami
1995/Radio/Kobe
Riccardo Marogna
Back Yard
Alan Dunn
Little White Flowers
L’ultimo appuntamento della prima stagione di RADIA si chiude con uno dei due concerti dedicati ai brani selezionati dalla nostra open call. Una chiamata a compositori ed artisti del suono che, ispirandosi al manifesto de “La Radia”, di Marinetti e Masnata (1933), intendeva esplorare alcuni degli aspetti specifici dell’arte acusmatica a tutto tondo, assieme ad alcune caratteristiche fondamentali che la rendono una forma d’arte irriducibile e unica.
Delle due categorie che componevano la call, questa serata sarà dedicata a quella che abbiamo chiamato Eerie RADIA.
Eerie RADIA è rivolto a opere d’arte acusmatica come soundscapes, opere radiofoniche, documentari sonori, storytelling acustici, field recordings o brani musicali, che indaghino la dimensione più magica, incantatoria del suono e della trasmissione sonora, il suo farsi mezzo per evocare, rappresentare, raccontare l’immaginario, l’onirico, l’Altro, il perturbante.
L’interesse è rivolto a quei casi in cui l’origine dell’evento sonoro, mediato dalla tecnologia, è così ambiguo da rendere impossibile la ricostruzione realistica dello scenario fisico di produzione del suono. Quando quindi la mente è portata a dare senso a quello che ascolta pescando a piene mani dal regno dell’immaginario, creando rappresentazioni mentali alle volte del tutto soggettive e fantasiose. L’ascolto diventa un processo attivo e creativo, che può effettivamente produrre “mostri”: immagini visive strane e impensabili, scenari di fantasia, ambienti popolati da entità misteriose e mutaforma, fino a vere e proprie narrazioni sonore.
Non è un caso che gli spiritisti di inizio secolo accolsero la radio come un mezzo per ascoltare voci di spiriti incorporei, così come è fondamentale l’uso di elaborazioni elettroniche, o delle pratiche di musique concrète, per connotare la dimensione aliena, sovrannaturale, inconscia in molto cinema e drammi radiofonici di fantascienza o dell’orrore.
Ed ecco quindi che nei lavori selezionati emergono numerose e diverse possibilità immaginifiche del suono. Abbiamo un intenso e intimo documentario radiofonico che ci connette col genius loci, lo spirito del luogo, di un paesaggio mediterraneo Ligure (Ardesia, di Chloé Despax), o il pensiero su ciò che è cambiato e ciò che rimane a Kobe (Giappone), dopo il terremoto del 1995, attraverso il velo della sua radio (1995/Radio/Kobe, di Kazuya Ishigami).
In Over the Horizon di Pietro Bonanno, invece, la radio diventa uno sconfinato spazio elettromagnetico da esplorare, in cui segnali a onda corta, interferenze e messaggi geograficamente e culturalmente distanti dialogano tra loro nell’etere di una trasmissione così potente pur invisibile.
Con il lavoro di Riccardo Marogna (Back Yard), ci immergiamo in un fanta- documentario sonoro tra l’operetta radiofonica e il collage, spaventoso quanto spassoso, evocativo, allucinatorio, psichedelico, pop.
Altri pezzi scendono in profondità sul nostro rapporto con l’ascolto, abbiamo quindi Panayiotis Kokoras, che nel suo Qualia esplora i processi fisici che portano i nostri organi sensoriali a produrre sensazioni a partire dalla percezione di suono organizzato, della musica. Oppure Marie-Jeanne Wyckmans che in Voyage-Mirages si concentra, poeticamente, sul potere dell’acusmatica di donarci un viaggio psichico, attraverso miraggi della realtà.
Suono, ascolto, sensazione ed emozione, come nella commemorazione dell’oscura malinconia di Gloomy Sunday, classico scritto da Rezső Seress, dalla malinconia così insostenibile che pare abbia spinto in molti a togliersi la vita, attraverso i quasi cento anni della sua continua trasmissione, trasfigurazione, metamorfosi, reinvenzione (Alan Dunn, Little White Flowers).
Questi brani gettano luce, in modi molto diversi tra loro, come l’arte acusmatica riesca ad esplorare l’uso dei media di registrazione, riproduzione e produzione del suono per il loro aspetto non solo mediatico ma medianico, che indaghino la possibilità di rendere le tecnologie del suono qualcosa di più che meri mezzi tecnici, ma vere e proprie macchine infestate di immaginario.
(Matteo Polato)
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Un progetto del Centro d’Arte degli Studenti dell’Università di Padova
In collaborazione con SaMPL – Sound and Music Processing Lab del Conservatorio di Musica “C. Pollini” di Padova