Anthony Coleman
pianoforte
Anthony Coleman ritorna alla Sala dei Giganti in una situazione che gli è certamente congeniale, quella del ‘recital’ pianistico, ma che è solo uno dei tanti modi in cui si manifesta il suo enciclopedismo. Profondo conoscitore fin dall’adolescenza del jazz degli anni ’20 e ’30, ha studiato pianoforte a tredici anni con Jaki Byard, di cui si può considerare una specie di erede – per la disinvoltura di ambedue nel trapassare dal bebop all’avanguardia allo stride piano – ma anche la composizione tradizionale con Donald Martino, e poi ancora con George Russell: e oggi Coleman insegna al New England Conservatory di Boston nella cattedra Third Stream che fu di Ran Blake.
Artista tra i più colti e onnivori della scena downtown, Coleman è probabilmente il personaggio che ne riassume al meglio i caratteri eclettici: inserito naturalmente nella scena no wave degli anni ’80 (lo si può ascoltare nel 45 giri d’esordio di Glenn Branca), poi a fianco di Elliott Sharp, John Zorn, Marc Ribot (Los cubanos postizos), ha dato una sua versione del tutto personale e ironica, e soprattutto non ideologica, della rinascita neo-klezmer, inventandosi un jazz colorato di immaginari caratteri sefarditici piuttosto che afro-latini… Più di recente ha ‘impersonato’ il dimenticato compositore ebreo-polacco Mordechai Gebirtig e nientemeno che Jelly Roll Morton.
Sospesa “tra Thelonious Monk e Morton Feldman” la musica di Coleman si apre a qualunque possibile suggestione, da Broadway a Anton Webern, sia che si presenti come flusso improvvisativo, sia come ordinatissima partitura per orchestra.
(Veniero Rizzardi)
Ascolti
Anthony Coleman
Disco by Night (Avant)
Sephardic Tinge (Tzadik)
Shmutsige Magnaten (Tzadik)
Lapidation (New World)
Freakish (Tzadik)
The End of Summer (Tzadik)
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Ostinati! 2015
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© Michele Giotto