
Aldo Orvieto
pianoforte
Alvise Vidolin
regia del suono
Auditorium C. Pollini, ore 17.30
Incontro
Luigi Nono allo Studio di Fonologia della RAI di Milano
Con Veniero Rizzardi
Prove aperte e commentate da Aldo Orvieto e Alvise Vidolin
In collaborazione con la Fondazione Archivio Luigi Nono, Venezia
e il Conservatorio Statale di Musica “A. Steffani”, Castelfranco Veneto.
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Auditorium C. Pollini, ore 20.15
Luigi Nono
…..sofferte onde serene… (1978) per pianoforte e nastro magnetico
Aldo Orvieto, pianoforte
Alvise Vidolin, regia del suono
a floresta è jovem e cheja de vida (1966)
ricostruzione della versione a 8 canali con interpreti originali su supporto a cura di Veniero Rizzardi (2011)
Nastro magnetico realizzato presso lo Studio di Fonologia musicale della RAI di Milano con l’assistenza di Marino Zuccheri (materiali su nastro: voci di Liliana Poli, Kadigia Bove, Elena Vicini, Umberto Troni, Franca Piacentini, Enrica Minini, Julian Beck, Judith Malina, Mary Mary, Steve ben Israel e altri attori del Living Theatre; William O. Smith, clarinetto; esecutori alle lastre di rame diretti da Bruno Canino; suoni di sintesi).
Alvise Vidolin, regia del suono.
Assistenza: Veniero Rizzardi, Alberto Bianco.
In collaborazione con la Fondazione Archivio Luigi Nono, Venezia
e il Conservatorio Statale di Musica “A. Steffani”, Castelfranco Veneto.
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…..sofferte onde serene… è l’ultima composizione realizzata su nastro da Nono allo Studio di Fonologia della RAI di Milano, nel 1979. Opera ricca di risonanze autobiografiche, nonché di echi e suggestioni del paesaggio sonoro lagunare, è un lavoro concepito per e insieme a Maurizio Pollini. Su di essa Nono ha scritto: «Alla mia casa, alla Giudecca in Venezia, giungono continuamente suoni di campane varie, variamente ribattute, variamente significanti, di giorno e di notte, attraverso la nebbia e con il sole. / Sono segnali di vita sulla laguna, sul mare. / Inviti al lavoro, alla meditazione, avvertimenti. / E la vita vi continua nella sofferta e serena necessità dell’”equilibrio del profondo interiore”, come dice Kafka. / Pollini, pianoforte dal vivo, si amplia con Pollini, pianoforte elaborato e composto su nastro. /Non contra-stante né contra-punto. / Registrazioni di Pollini, fatte in Studio, soprattutto attacchi di suoni, la sua percussione estremamente articolata sui tasti, vari campi intervallari, sono stati ulteriormente composti su nastro, sempre nello Studio di Fonologia della RAI di Milano, con l’assistenza di Marino Zuccheri. Ne risultano due piani acustici, che spesso ‘con-fondono’, annullando spesso l’estraneità meccanica del nastro. Tra essi due sono stati studiati rapporti di formazione del suono. Compreso l’uso delle vibrazioni dei colpi di pedale, forse particolari risonanze “nel profondo interiore”. Non ‘episodi’ che si esauriscono nella successione, ma ‘memorie’ e ‘presenze’ che si sovrappongono, in quanto memorie, in quanto presenze che si con-fondono, esse sì, con le “onde serene”.
a floresta é jovem e cheja de vida è una delle opere-chiave della vicenda artistica di Nono. Venne concepita tra il 1965 e il 1966 insieme allo scrittore Giovanni Pirelli come ipotesi di nuovo teatro musicale basato su testi documentari, ossia lettere, dichiarazioni, discorsi, che nell’intento dei movimenti anti-imperialistici e socialisti di quegli anni.
a floresta realizzava un metodo e uno schema produttivo del tutto nuovi: Nono rinunciava quasi del tutto ai tradizionali strumenti del comporre e dell’eseguire musica, in favore di una sperimentazione condotta insieme ad un gruppo di interpreti vocali che inizialmente improvvisavano sui testi, e le cui performance venivano registrate, selezionate, manipolate e ridisposte sul nastro magnetico. Allo stesso modo Nono procedeva con le sonorità e le tecniche del clarinetto di Bill Smith, e infine da un complesso di lastre metalliche anch’esse sollecitate in modo sperimentale a produrre sonorità ‘industriali’ con battenti che erano poi attrezzi da lavoro (punte, catene, martelli). Una componente importante è rappresentata dalle voci degli attori del Living Theatre, che fornirono a Nono non soltanto del materiale di potentissima espressività, ma anche un modello decisivo per il lavoro con gli attori italiani.
Il materiale risultante era destinato ad essere diffuso su otto canali, come tessuto ‘orchestrale’, spazializzato, a cui si sarebbero sovrapposti, dal vivo, i gesti vocali e strumentali di quei medesimi interpreti. Vi erano due nastri a quattro tracce, «A» e «B» diffusi su due diversi sistemi, uno sul palco, l’altro intorno al pubblico.
A floresta divenne il modello per quasi tutti i lavori che Nono compose nei dieci anni a venire e fu l’opera che, come direttore e regista del suono, accompagnò più a lungo di ogni altra, in numerosi festival e concerti. Per questa ragione, nonché per come venne concepita e composta, non venne mai fissata in una partitura. Soltanto nel 1998, su insistenza di numerose istituzioni concertistiche che intendevano riproporla, l’editore Ricordi affidò a Maurizio Pisati e a Veniero Rizzardi l’iniziativa di ricostruire un testo eseguibile basato sulle parti ‘stenografiche’ degli interpreti, sui quaderni di regia di Nono, sui numerosi documenti cartacei, sonori, visivi depositati presso l’Archivio Luigi Nono di Venezia. Ciò che ne risultò è un partitura sui generis ma fedele al dettato di Nono, dettagliata quanto più possibile, che rende trasmissibile l’opera a nuove generazioni di esecutori. Dal 1998 è stata ormai eseguita diverse volte in tutta Europa. Un problema fondamentale, tuttavia, che non era possibile sciogliere, riguarda il fatto che ogni nuovo interprete è destinato a ricalcare un modello in gran parte originato dall’improvvisazione, senza però essere – come lo erano gli esecutori originali, di necessità – al centro dell’esperimento musicale.
A pochi mesi dalla prima esecuzione, Nono dedicò una speciale cura alla fissazione della floresta su disco, pur con tutti i limiti di una riduzione stereofonica tutta e solo ‘frontale’. I due nastri a quattro piste vennero mixati in una traccia stereofonica e, con ogni probabilità, gli interpreti (soprano, 3 attori, clarinetto, percussionisti) in studio, ascoltando in cuffia la riduzione stereo dei nastri base, furono ripresi e fissati su tracce isolate che sarebbero poi state montate in vista del master finale. Il disco fu cioé interamente realizzato in post-produzione montando: 1) Traccia stereofonica realizzata a partire dai due nastri base a 4 piste 2) traccia monofonica contenente le quattro voci e il clarinetto 3) traccia monofonica contenente le lastre metalliche. Questa procedura consentì tra l’altro a Nono di aggiustare per bene le sincronizzazioni tra parte ‘dal vivo’ e parte composta su nastro, intervenire in senso correttivo e creativo sulle parti dei solisti, con montaggi e copia-incolla.
I materiali, 1), 2) e 3), sono tuttora conservati presso l’Archivio Luigi Nono di Venezia e, al di là dell’indubbio interesse documentario (sono stati fondamentale per il ripristino della partitura), rendono praticabile una nuova realizzazione, in riproduzione, di a floresta che può efficacemente approssimare l’esperienza dell’ascolto dal vivo. Poiché, nelle esecuzioni curate da Nono, i solisti dal vivo venivano amplificati e miscelati in modo da essere diffusi frontalmente, si può, per esempio, ipotizzare la configurazione a 8 canali conforme all’originale in cui diffondere le tracce dei solisti originali miscelate alle quattro + quattro tracce dei due nastri.
Si noti però che non si tratta di proporre una simulazione surround di uno spazio esecutivo per così dire ‘riprodotto’ in un altro e differente spazio di ascolto, ma proprio dell’esatta configurazione prevista dal compositore (ogni canale diffonde una sua propria e specifica ‘parte’ musicale). Questo è importante anche per quella che Nono riteneva una funzione essenziale del regista del suono, ossia quella di ‘interpretare’ lo spazio specifico che di volta in volta doveva ospitare l’esecuzione. Il nastro (o il file audio, oggi) è sempre stato, per lui, uno strumento da ‘suonare’.
A 45 anni esatti dalla prima escuzione, a floresta é jovem e cheja de vida è stata nuovamente ascoltata, nella sua configurazione spaziale a otto canali e con le parti in riproduzione degli interpreti originali nella Sala degli Arazzi della Fondazione Cini a S. Giorgio in occasione della recente Biennale Musica. La realizzazione è stata curata da me, con l’assistenza di Alberto Bianco, grazie alla collaborazione della scuola di musica elettronica del Conservatorio “A. Steffani” di Castelfranco Veneto (il docente principale è Valerio Murat). La regia del suono è a cura di Alvise Vidolin, storico collaboratore di Nono e già interprete della ripresa della floresta nel 1998.
(Veniero Rizzardi)
Rassegna
Impara l’Arte
X Edizione 2011
Note
In collaborazione con SaMPL – Sound and Music Processing Lab
del Conservatorio di Musica “Pollini” di Padova.
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Questo concerto fa parte della rassegna “Impara l’Arte”, un progetto di Amici della Musica di Padova, Centro d’Arte degli Studenti dell’Università di Padova, Orchestra di Padova e del Veneto promosso e sostenuto da ESU e Università di Padova, cui si affianca l’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova.