Marina Giovannini
danza e coreografia

Letizia Renzini
regia, video, live mix

(Verso ->INDAGINI DI UN CANE )

Dalla lettura di Indagini di un Cane di Kafka (1922)  si è immaginato uno spettacolo multimediale che riflettesse formalmente e linguisticamente sull’idea del Modulo, e che da un punto di vista semantico usasse il modulo come forma base, come cellula primaria di una composizione multilinguistica.
In una composizione multimediale (danza, live music, live video, film, testo) liberata dalle questioni gerarchiche e dagli sviluppi drammaturgici tradizionali, intraprendiamo una ricerca verso l’armonia (possibile, impossibile) nei territori drammatici della relazione. La Relazione tra analisi e intenzione, la Relazione tra i corpi, dei corpi con lo spazio, tra corpo fisico e corpo digitale (attraverso i video e il suono).
Metaforicamente, la nostra riflessione verte sul rapporto tra il singolo e potere. Sulla distanza incolmabile tra intenzione individuale e attuazione collettiva.
Sul “ritardo” del singolo causato dall’inserimento nella collettività.
Cominciamo il percorso esplorando il concetto di Misura, forma base per la nostra composizione, e quello di latenza inteso come tempo dell’elaborazione. Digitale ed analogica, la latenza del corpo e quella della mente.

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Misura (Canone)

Primo passo verso la costruzione del lavoro “Indagini di Un Cane”, ispirato all’omonimo racconto di Kafka, MISURA indaga il rapporto spaziale tra il sé e l’altro, tra lo spazio proprio e lo spazio collettivo.
Misurarsi con l’altro, osservare, ascoltare. Imitare. Valutare. Decidere. Scegliere.
I cani musicali di Kafka suggeriscono esercizi di misura collettiva, armonie del corpo multiplo.
Ma come si misura l’animale uomo (donna) con questa prospettiva canina?
Come si rapporta la mente con questa latenza? E l’animale? E il corpo?

Non parlavano, non cantavano, tacevano tutti quasi con ostinazione accanita, ma dal vuoto evocavano la musica come per magia. Tutto era musica, il modo di sollevare e posare i piedi, certe rotazioni della testa, il modo di correre e di sostare, le posizioni che assumevano l’uno rispetto all’altro, come, danzando in girotondo, si accostavano insieme appoggiando ciascuno le zampe anteriori sulla schiena dell’altro e poi allineandosi in modo tale che il primo, stando eretto, sosteneva il peso di tutti gli altri , oppure formando figure intrecciate col corpo che quasi strisciava per terra, senza mai sbagliare; neppure l’ultimo, che era ancora un po’ insicuro e che non trovava di primo acchito il contatto con gli altri, barcollando talvolta all’attacco, per così dire, della melodia; eppure appariva insicuro solo a confronto con la formidabile sicurezza degli altri, e anche in presenza di una insicurezza più grande o addirittura totale, non avrebbe compromesso niente.
Perché gli altri, grandi maestri, tenevano il tempo imperturbabili.
Ma erano a malapena visibili, tutti erano visibili a malapena.
In verità, più che l’arte dei sette cani –per me incomprensibile e comunque irrimediabilmente fuori dalla mia portata– mi meravigliava il loro coraggio di esporsi totalmente e apertamente alle loro esecuzioni e la forza con le quali riuscivano a sostenerle con tutta tranquillità e senza rompersi la spina dorsale.
Come se la natura fosse un errore
Che schifo! Si denudavano ed esibivano tronfi le loro nudità, ne erano fieri, e se per un attimo obbedivano al giusto istinto e abbassavano le zampe aneriori, si spaventavano come fosse un errore, come se la natura fosse un errore risollevavano subito le zampe e i loro occhi sembravano implorare perdono per aver dovuto interrompere un poco il loro stato di peccaminosità. Il mondo andava alla rovescia? Dove mi trovavo? Cos’era accaduto?
Si vanta spesso il progresso della caninità attraverso i tempi, alludendo essenzialmente al progresso della scienza. Certo la scienza progredisce, è un fenomeno inarrestabile, progredisce addirittura a ritmo accelerato sempre più velocemente ma cosa c’è da vantarsi? E’ come se si volesse esaltare qualcuno perché invecchia col passare degli anni e di conseguenza si avvicina sempre più velocemente alla morte.
Sei forse alla tua maniera un mio simile? E ti vergogni perché non sei riuscito a combinare niente?
Guarda, anche a me è andata così. Quando sono solo ululo dal dispiacere, vieni, in due è più dolce.
Danzando, torcevo la testa di lato per essere il più possibile vicino allaterra. In seguito mi feci una buca per il muso e cominciai a cantare e a declamare così in modo che solo il terreno potesse udire e nessun altro accanto o al di sopra di me.
Ma io volevo, finché riuscivo a resistere, rimanere completamente a digiuno, evitando naturalmente ogni vista del cibo, ogni seduzione.
Tralasciai la danza per non indebolirmi.

La via passa attraverso il digiuno
Era comunque evidente che nessuno si curava di me, nessuno sotto la terra, nessuno sopra, nessuno in alto, morivo per la loro indifferenza, la loro indifferenza diceva: muore, e così sia.
E non ero forse io consenziente? Non dicevo anche io la stessa cosa? Non ero stato io a volere quell’abbandono? Certo, cani, ma non per finire in questo modo bensì per arrivare dall’altra parte, fino alla verità, uscendo fuori da questo mondo di menzogna, dove non c’è nessuno dal quale si possa apprendere la verità, neppure da me, che sto di casa nella menzogna.
La dottrina del canto che invoca la caduta del nutrimento
Giacché il motivo iù profondo della mia poca abilità scientifica è, secondo me un istinto, è davvero un istinto non cattivo.
Pur sempre libertà, pur sempre un possesso.


 

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Rassegna

Impara l’Arte
IX Edizione 2010

Note

Questo concerto fa parte della rassegna “Impara l’Arte”, un progetto di Amici della Musica di PadovaCentro d’Arte degli Studenti dell’Università di PadovaOrchestra di Padova e del Veneto promosso e sostenuto da ESU e Università di Padova, cui si affianca l’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova.