© Michele Giotto

Myra Melford
pianoforte

Marty Ehrlich
sassofoni, clarinetti

L’essenzialità della formula del duo nel jazz può vantare esempi illustri, a partire da quello di Louis Armstrong e Earl Hines negli anni Venti. In tempi più recenti, le conversazioni tra Myra Melford e Marty Ehrlich appartengono alla cerchia ristretta dei “suoni indispensabili”: distillate, lasciate in ombra a maturare e finalmente offerte in tutta la loro fragranza. Sia la prima opera, “Yet Can Spring”, che la recente “Spark”, spargono saggezza compositiva e strumentale in naturalezza. Recuperano il blues ed un melodismo profondamente americani, trasfigurandoli in quel linguaggio metropolitano, nervoso, frequente nell’espressione dei jazzisti aperti a qualsiasi frontiera del suono.
Le loro affinità elettive si incontrano nella pronuncia, nelle scansioni di ritmi irregolari, angolari, nelle trionfanti escursioni improvvisative.
Myra Melford (pianoforte, harmonium, composizione) è attiva prima a Chicago e poi a New York dalla metà degli anni Ottanta. Influenzata dal pianismo percussivo di maestri come Cecil Taylor e Don Pullen, si interessa alle teorie compositive di Henry Threadgill; forma il trio con Lindsey Horner e Reggie Nicholson nel 1990. Da lì in avanti, Melford si afferma tra le più preparate musiciste della sua generazione, creando un proprio linguaggio che attraversa con audacia le esperienze del jazz storico proiettandolo nell’area di una sorvegliata sperimentazione. Il suo quintetto “The Same River, Twice” sfrutta le doti speciali di Marty Ehrlich e Dave Douglas, producendo capolavori di equilibrio espressivo. Milita nel trio “Equal Interest” con il violinista Leroy Jenkins – dei recente scomparso – e il sassofonista Joseph Jarman, nel quale aderisce all’estetica dell’ AACM di Chicago. Nel 2000 vive e studia a Calcutta, dove si specializza in harmonium con Sohanlal Sharma. In questi anni ha fondato il gruppi “The Tent”, “Be Bread”, ed è entrata nel “Trio M” (con Matt Wilson e Mark Dresser). Il duo con Marty Ehrlich è attivo da sette anni.
Marty Ehrlich (che condivide con Melford la frequentazione costante dei gruppi di Leroy Jenkins) è da almeno trent’anni tra i più richiesti sassofonisti e clarinettisti della scena newyorkese. Ha inciso come “sideman” quasi cento album. Gli artisti con cui ha collaborato non si contano, eccone alcuni: Muhal Richard Abrams, Julius Hemphill, Peter Erskine, Anthony Braxton, George Russell, Bobby Previte. Come leader ha sempre privilegiato uno stile di sintesi tra tradizione e innovazione, raggiungendo risultati di notevole originalità con il gruppo “Dark and Wood Ensemble”. Anche il progetto “The Traveler’s Tale” ha realizzato perle memorabili, così come la raccolta “Sojourn”, dedicata alla musica di ispirazione ebraica e uscito per la Tzadik di John Zorn. Un rilievo particolare nella carriera del sassofonista assume l’eredità artistica di Julius Hemphill, tenuta in vita nel Julius Hemphill Sextet, diretto appunto da Ehrlich. Negli anni 2000 Ehrlich ha inciso per la Palmetto dischi in quartetto (“Line on Love”, “News on the Rail”) e l’ambizioso “The Long View” (Enja).

(Stefano Merighi)


 

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Ascolti

Melford-Ehrlich
Yet Can Spring (Arabesque)
Spark (Palmetto)

Myra Melford
Alive in the House of the Saints (hatArt)
Above Blue (Arabesque)
The Image of Your Body (Cryptogramophone)

Marty Ehrlich
Emergency Peace (New World)
Sojourn (Tzadik)
The Long View (Enja)

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