Magnus Andersson
chitarra
Jonny Axelsson
percussioni
Ivo Nilsson
trombone
Jörgen Pettersson
sassofoni
Il SONensemble è formato da alcuni dei migliori musicisti svedesi attivi nella musica contemporanea, sicuramente uniti dal finale del cognome (un prerequisito essenziale per far parte del gruppo). L’insolita strumentazione ha comportato un’intenso programma di commissioni di nuovi lavori. Una delle principali idee del gruppo è l’esplorazione di programmi che in un modo o nell’altro sono, in senso lato, ”ritratti”. Per questa ragione spesso il gruppo ospita altri solisti. Tra i progetti più importanti finora si annoverano El Cimarron di Henze, Dr. Cayabyab – La pena di morte come musica, ritratto di Helmut Oehring e Improvisation/Notation con Barry Guy e musica di Barrett, Doyle and Guy. Improvisation/Notation è stato registrato dal vivo lo scorso anno a Stoccolma e sarà presto disponibile su CD (Caprice Records).
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Miklos Maros Partygame
Ivo Nilsson Tre Equale
Jan W. Morthenson Intra
Peter Schuback Monadologia
Erik Förare Due Intermovimenti
Sten Melin Seven Heaven
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Miklos Maros, Partygame
Miklos Maros è nato a Pécs, in Ungheria, nel 1943. Ha studiato composizione al Conservatorio Béla Bartók di Budapest con Rezsö Sugár, in seguito all’Accademia Ferenc Liszt di Budapest con Ferenc Szabó. Si è trasferito in Svezia nel 1968 per studiare a Stoccolma con Ingvar Lidholm, e dal 1971 ha iniziato a insegnare in diverse scuole musicali svedesi. Nel corso degli anni Settanta ha lavorato all’EMS (Studio di Musica Elettronica di Stoccolma), e ha poi iniziato a insegnare musica elettronica alla Scuola Superiore di Stoccolma. È stato compositore residente del DAAD a Berlino negli anni 1980 81: La sua carriera di compositore è iniziata in Svezia nel 1971, e da allora ha scritto quasi duecento lavori, eseguiti in tutti i principali festival del mondo. Nel 1972 ha fondato il Marosensemble, che ha in repertorio un centinaio di opere contemporanee. È attivo come direttore, e ha calcato il podio di formazioni come le orchestre sinfoniche e filarmoniche di Budapest, Györ, Helsingborgs Symfoniorkester, Kammersveit Reykjavikur, Komorni Ansambl Europhonie (Zagreb), Stockholms Nya Kammarorkester, Stockholms Filharmoniska Orkester, Tjeckiska Radios Symfoniorkester Prag, Umeå Sinfonietta, Vilnjus Kammerorchester.
Ivo Nilsson, Tre Equale (1988), per chitarra, trombone e vibrafono
Qual è il punto di fusione tra tre strumenti così diversi come chitarra, trombone e vibrafono? Questa domanda è stata il punto di partenza nel lavorare a questo trittico, ed anche il limite dell’esplorazione. La grana dolce e melanconica di questo lavoro potrebbe essere associata al quartetto di Beethoven che porta il medesimo titolo.
Dopo gli studi all’Accademia Reale di Stoccolma, nel 1989 Ivo Nilsson ha debuttato come solista con l’Orchestra Sinfonica della Radio Svedese. Nello stesso anno ha debuttato come compositore, con un ottetto la cui prima esecuzione è avvenuta a Radio France a Parigi, dove Nilsson ha seguito i corsi dell’IRCAM. Da allora è attivo come compositore ed esecutore specialmente nella musica contemporanea. È membro dei gruppi KammarensembleN, SONensemble e forma il duo Axelsson & Nilsson. Ha suonato in tutti i principali festival del mondo dove peraltro è stata anche eseguita la sua musica. Nel 2001 è uscito il suo primo CD da solista (Phono Suecia). Attualmente sta lavorando a una commissione dell’Orchestre des Flûtes Français. Dal 2003 è direttore artistico del Festival di Nuova Musica di Stoccolma.
Jan W. Morthenson, Intra (1994), per sassofono e chitarra
Intra consiste di 14 brevi sezioni ed è composto secondo la mia personale tecnica di accumulazione: ogni relazione è basata su dettagli di figure simultanee o antecedenti. L’elemento fondamentale è un arpeggio. Il diverso carattere dei due strumenti è stata una sfida. La chitarra non accompagna ma è parte degli stessi modelli del sassofono. La parola latina intra significa “all’interno” e si riferisce, per questa composizione, alla speciale intimità della collaborazione musicale dei due esecutori. La notazione passa da un estremo all’altro per quanto riguarda la polarità determinazione esatta/improvvisazione, mantenendo tuttavia sempre una vicinanza a ciò che viene suonato piuttosto che alle tecniche compositive. Ho cercato qui di pervenire a una soggettività atomizzata per quanto concerne le reazioni, le sfumature, le tensioni del musicista. Come ascoltatori, d’altronde, partecipiamo – come sempre – dall’esterno.
Nato nel 1940, Jan W. Morthenson ha studiato composizione con Runar Mangs e Ingvar Lidholm, ed estetica all’Università di Uppsala. Ha studiato anche con Heinz-Klaus Metzger in Germania, che ha posto Morthenson in contatto con un’idea critica dell’avanguardia. Morthenson è stato molto attivo sula scena musicale svedese, anche pubblicando articoli e partecipando a trasmissioni radio. Negli anni Settanta ha ricoperto vari incarichi: direttore dei concerti Fylkingen, membro del direttivo della Soc. Internazionale per la Musica Contemporanea (ISCM-SIMC), consigliere dello Studio di Musica Elettronica. Ha anche insegnato composizione al San Francisco College of Music, nelle scuole superiori di musica di Stoccolma e Malmö. Morthenson non è interessato a creare uniformità stilistica nei suoi lavori. È piuttosto orientato a un interscambio di esperienze tra diversi ambiti creativi, musica, film/TV, scrittura. Come scrittore ha un atteggiamento critico, polemico e pessimistico, e questo si riflette anche nella composizione. I suoi primi lavori inseguivano l’idea di non-figuratività, dove il colore del suono è importante, ma intenzionalmente privo di espressione, come una risposta al giudizio negativo sulla situazione sociale. In seguito Morthenson si è orientato verso una ’metamusica’ in cui generi diversi (opera, musica liturgica, militare ecc.) vengono esaminati criticamente. Nonotante i frequenti mutamenti di stile, vi sono chiari elementi di continuità nella musica di Morthenson, come i movimenti raggelati delle sue strutture o l’uso suggestivo di armonie convenzionali in contesti stranianti. Morthenson non crede tuttavia che il tradizionale artigianato sia sufficiente all’artista radicale.
Peter Schuback, Monadologia
Le mie opere sono spezzo seguiti di opere anteriori – non conseguenze perché non si tratta di un ordine causale bensì di una genesi multipla e simultanea, come l’attacco di un suono e l’attacco di diversi suoni simultanei. In questo modo “Monadalogia” segue a un’opera anteriore intitolata “Aporie”. “Aporia” è a sua volta il seguito di un’altra, “Goethe e Webern”. Il sorgere dell’altro a partire dell’uno è un modo di esprimere la molteplicità dell’uno. Tale unità non è logica, ma è vitale, non è numerica ma temporale, e per questo include sempre un altro o molti altri. L’uno è il punto in cui si concentra la qualità vitale. Leibniz ha chiamato monade questo punto in cui si concentra la vitalità del tempo, donde il titolo dell’opera. La concentrazione dell’uno è in questo caso la lentezza. L’opera è scrita per trombone e percussione, e intende esporre la dinamica drammatica della lentezza. In questa drammaticità il lento non si oppone al veloce ma esprime sonoramente l’impulso del tempo.
Nato a Täby nel 1947, Peter Schuback ha studiato violoncello all’Accademia di Stato di Stoccolma, e in seguito con Siegfried Palm e Maud Tortelier (1968-70). Ha in seguito avviato la carriera concertistica, dapprima con base a Parigi. Dal 1972 è molto presente nella vita musicale del Brasile. Ha ricoperto diversi incarichi d’insegnamento in Svezia. Come solista Schuback ha suonato in tutto il mondo. Il suo repertorio abbraccia i classici e la musica contemporanea, da Bach alle sue proprie composizioni. L’interesse di Schuback per la nuova musica data dagli anni di studio. In molti dei suoi lavori (finora una cinquantina) ha cercato di stimolare la disinibizione e lo sviluppo delle capacità creative dell’interprete. Gran parte del suo lavoro è dedicata all’improvvisazione. Ha composto anche musica elettroacustica.
Erik Förare, 2 Intermovimenti (1999) per sax contralto, ukulele e percussione
I due Intermovimenti sono stati commissionati dall’Istituzione concertistica nazionale svedese nel 1999 per un concerto- “ritratto”. Il pezzo sfrutta una combinazione inusuale di strumenti. Il “melodico” sassofono è affiancato da suoni pizzicati e battuti che creano una “miniatura intima”. I due pezzi si completano a vicenda: il primo è aperto ed estroverso, il secondo è l’esatto opposto.
Erik Förare (1955) ha studiato composizione all’Accademia Reale di Musica di Stoccolma con Gunnar Bucht negli anni 1975-79. Ha poi studiato musicologia all’Università di Stoccolma e ha frequentato negli anni Ottanta e Novanta i Ferienkurse di Darmstadt.
Sten Melin, Seven Heaven
Dai quattro angoli del mondo, viva la musica globale, alla ricerca dell’eterna felicità. Tracce di musica aborigena, balcanica, cajun-pop, e l’urlo barbarico che può sorgere soltanto dalla gola di un tifoso di calcio allo stadio. Flower power degli anni Novanta per anime di consumatori. Un esplosione musicale del compositore Sten Melin.
Sten Melin è nato nel 1957. Dopo gli studi di tromba alla scuola di Framnäs, dal 1977 ha studiato privatamente composizione con Sven-David Sandström from 1977. Dal 1980 al 1985 ha studiato composizione all’Accademia Reale di Musica di Stoccolma con Gunnar Bucht e Pär Lindgren e nuovamente con Sandström. Dal 1999 è vicepresidente dell’Associazione Svedese dei Compositori.
Rassegna
I concerti del Centro d’Arte